La Tassa di Soggiorno, o più correttamente Imposta di Soggiorno, è un contributo economico che l’ospite paga al suo arrivo in struttura nei comuni a vocazione turistica che la adottano. L’art. 4 del Decreto legislativo n. 23/11 è il testo che traccia le linee guida di questa imposta e spiega che sono i comuni a decidere di istituirla, avvalendosi dell’autonomia finanziaria in tema di entrate e di spese in base ai principi del federalismo fiscale (L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), redigendo un proprio regolamento comunale che dispone le modalità e le tempistiche di versamento del contributo obbligatorio e l’adozione di eventuali esenzioni e riduzioni. Il gestore della struttura o host sarà quindi tenuto a “far da tramite” per far si che il contributo pagato dall’ospite venga versato nelle casse comunali, i cui fondi poi verranno investiti per il finanziamento di servizi strettamente legati al turismo ed alla promozione del territorio.
A partire dal 2017 anche gli affitti brevi rientrano a tutti gli effetti tra le tipologie di strutture turistiche in cui è previsto il pagamento dell’imposta di soggiorno (art. 4, c. 7, DL 50/17).
Il calcolo dell’imposta di soggiorno è molto semplice, bisogna moltiplicare il numero di pernottamenti per il numero di ospiti per l’importo previsto dal Regolamento Comunale di pertinenza. Consultare i criteri adottati dalla città in cui vuoi iniziare col tuo affitto breve è essenziale per conoscere l’attribuzione di esenzioni, riduzioni e altri criteri che determinano l’importo di questa tassa.
Questi sono i fattori che incidono sul prezzo finale dovuto dal turista:
L’ospite è tenuto al pagamento del contributo obbligatorio previsto al suo arrivo in struttura. Un consiglio per chi si sta introducendo da poco in questo settore è di separare l’importo del pernottamento da quello dell’imposta e di esplicitare sempre se il prezzo del pernottamento include già la quota relativa all’imposta di soggiorno. Questo per evitare incomprensioni spiacevoli all’arrivo dell’ospite o peggio di dover essere l’host a rimetterci.
Se la struttura si avvale dell’utilizzo di OTA (online travel agency) come Airbnb o Booking, per citare le più rinomate, è possibile includere il pagamento dell’onere incluso nel prezzo finale della camera. Nello specifico, Airbnb in un apposito articolo sulla riscossione e pagamento della tassa di soggiorno afferma che se esiste un accordo tra il portale ed il Comune di pertinenza, sarà il portale stesso a riscuotere e versare la quota. Nel tempo hanno aderito su base volontaria al programma di riscossione automatica di Airbnb grandi città come Torino, Milano, Genova, Firenze, Rimini e Palermo. Successivamente alla Legge di Bilancio 2024 Airbnb spiega, in un altro articolo sulla raccolta e versamento dell’imposta di soggiorno in Italia, che l’attività di riscossione e versamento per le locazioni brevi raggiungerà man mano tutta Italia, bisogna quindi accertarsi se il proprio Comune rientra tra quelli raggiunti dal portale o se occorre ancora riscuotere manualmente l’imposta.
É bene ricordare che, seppur avvalendosi di portali OTA preposti alla riscossione dell’imposta, si dovranno comunque effettuare le dovute dichiarazioni che vedremo di seguito, e se l’intenzione è quella di delegare quanta più burocrazia è consigliabile affidarsi ad un’agenzia specializzata in servizi alle locazioni turistiche.
Adesso che è chiaro a chi spetta pagare questa tassa e chi può riscuoterla e versarla, facciamo un passo indietro per tracciare punto per punto l’iter che dovrà seguire l’host in quanto responsabile degli adempimenti dell’imposta di soggiorno, pena la sanzionabilità.
Esistono casi in cui non occorre pagare l’imposta di soggiorno per via di esenzioni o riduzioni, fermo restando che si tratta di scelte ponderate da ciascun Comune nel proprio regolamento, riporteremo quindi degli esempi generali. Solitamente queste categorie di ospiti sono considerati soggetti esenti:
O anche:
Qui di seguito elenchiamo alcuni esempi di imposta di soggiorno, i principali portali e le caratteristiche del contributo suddivisi per città.
Il portale di riferimento per il Comune di Milano è SoggiorniAmo, sono tenuti a pagare l’imposta tutti i non residenti nel comune ad esclusione di:
Dal 1° Gennaio 2024 le tariffe giornaliere hanno subito un rialzo, € 2,50 per la categoria minima fino a € 5,00 per la categoria massima e € 4,50 per le locazioni brevi, a differenza delle vecchie tariffe il cui range era tra i € 2,00 e i € 5,00 e € 3,00 per le locazioni brevi.
Come mostrato in foto, risulta abbastanza intuitivo creare una ricevuta. Bisogna inserire i dati anagrafici e selezionare la tipologia di ospite, se sono presenti esenzioni o, come nel caso indicato in foto, se l’imposta di soggiorno è riscossa da portali telematici come Airbnb (in questo caso quindi l’importo dovrà essere € 0,00). Inserendo le date di arrivo e partenza, la quantità di ospiti soggiornanti ed eventuali esenzioni, sarà il portale stesso a calcolare l’importo corretto ed erogare la ricevuta da trasmettere all’ospite. Le dichiarazioni vanno effettuate trimestralmente, oltre le due dichiarazioni annuali come visto nei paragrafi precedenti.
Il portale di cui si serve il Comune di Roma si chiama GECOS, ed erogare una ricevuta risulta ancora più semplice rispetto al portale di Milano, in quanto sono visibilmente meno i campi da riempire. Anche in questo caso le dichiarazioni periodiche sono trimestrali (entro ogni 15 del mese di Aprile, Luglio, Ottobre e Gennaio) oltre agli altri due adempimenti annuali obbligatori.
Il contributo da versare va da un minimo di € 3,00 per le strutture ricettive all’aria aperta fino ad un massimo di € 10,00 per gli hotel a 5 stelle, di cui € 6,00 per gli alloggi destinati alle locazioni brevi. È previsto il pagamento dell’imposta per i primi 10 pernottamenti continuativi a persona, indipendentemente dalla categoria della struttura. Anche in questo caso sono previste delle esenzioni:
Esiste anche un modulo di rifiuto di pagamento dell’imposta nel caso si rientrasse in queste esenzioni appena elencate, vedremo più avanti cosa accade nel caso di mancato pagamento per i non esenti.
Il Comune di Palermo utilizza il portale comunale per la registrazione delle presenze e gli adempimenti trimestrali. Dal 1° settembre 2023 sono entrate in vigore le nuove tariffe d’imposta il cui range va da € 1,00 a € 5,00 in proporzione alla classificazione e di € 2,00 per le locazioni brevi. Anche in questa città è prevista una soglia massima di 4 notti consecutive, oltre la quale l’imposta non è dovuta.
L’intuitività di questo portale consiste anche nella presenza di una pratica legenda che elenca le esenzioni previste, quali:
Anche il Comune di Catania utilizza un portale per semplificare l’inserimento di nuovi pernottamenti, l’erogazione delle contestuali ricevute e la creazione delle dichiarazioni trimestrali: Geis. Per poter compilare il form bisogna selezionare se il nostro ospite è una persona fisica o giuridica, dopo l’inserimento delle informazioni base richieste si creerà un quadro contenente la tipologia di tariffa o esenzione. Nel campo di nostro interesse inseriremo il numero dei soggetti e salviamo, comparirà quindi l’importo calcolato automaticamente, si invia il modulo e verrà erogata la ricevuta da consegnare all’ospite.
Anche a Catania, come per Palermo, è previsto il pagamento dell’imposta per un tetto massimo di 4 pernottamenti continuativi. La misura d’imposta secondo i criteri di gradualità va da un minimo di €2,00 ad un massimo di € 5,00, e di € 2,00 per le locazioni turistiche.
Sono esenti dal pagamento del contributo:
Sono previste delle riduzioni del 50% dell’imposta per studenti in visita o scambi culturali e gruppi sportivi partecipanti a iniziative di carattere nazionale e regionale, previa attestazione rispettivamente da parte del Dirigente Scolastico o Ateneo e della Federazione Sportiva di appartenenza.
Nonostante sia l’ospite a dover pagare il contributo previsto dal Comune, la responsabilità dell’avvenuto versamento dello stesso nelle casse comunali e delle dichiarazioni delle presenze ricade sul gestore della locazione. Anche nel caso in cui il gestore si avvalesse dell’utilizzo di portali che fungono da intermediari per la riscossione dell’imposta, ove previsto un accordo tra portale e Comune, la figura responsabile del pagamento dell’onere resta sempre il gestore. Questi è a tutti gli effetti l’unico in grado di verificare l’effettivo arrivo e pernottamento dell’ospite ed il contestuale pagamento del contributo frutto della sua presenza e dell’utilizzo di servizi offerti dal Comune.
Il gestore in quanto responsabile d’imposta, tenuto al versamento della tassa nelle casse comunali, nel caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione obbligatoria verrà multato con una sanzione amministrativa pecuniaria la cui somma va dal 100 al 200 per cento dell’importo dovuto. Nel caso di omesso, ritardato o parziale versamento del contributo d’imposta scatterà una sanzione amministrativa corrispondente al 25% dell’importo non versato. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione è ridotta alla metà, e nel caso di ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo. (art. 13 comma 1 D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 aggiornato con art. 5 D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 in vigore dal 1° settembre 2024).
Consultare in prima battuta il Regolamento Comunale è essenziale per non incorrere in errore e tenere a mente la periodicità delle scadenze, affidarsi poi ad agenzie specializzate può rivelarsi utile per delegare la burocrazia e concentrarsi maggiormente sull’ospite.
Esistono dei casi limite in cui l’ospite si oppone al pagamento del contributo, l’art. 4, comma 1ter del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 determina che essendo il gestore responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno, lo stesso ha diritto di rivalsa sui soggetti passivi ovvero sugli ospiti. Nonostante la norma sia chiara in merito, esistono ancora regolamenti comunali che prevedono l’utilizzo di un modulo da compilare e sottoscrivere da parte dell’ospite e da consegnare al gestore, non è ben chiaro cosa accadrà successivamente anche in funzione di un’eventuale dichiarazione, creando così un impasse nei confronti del gestore che si vedrà costretto a dover corrispondere la somma di tasca propria per non incappare in ulteriori sanzioni.
Qui di seguito gli aggiornamenti 2024 utili se stai decidendo di dare in affitto breve la tua casa.
Il CIN o Codice Identificativo Nazionale è la novità che interessa tutte le tipologie di strutture, inferiori o superiori ai 30 giorni, imprenditoriali e non. Lo scopo di questo codice consiste nell’identificazione degli alloggi su suolo nazionale e la tutela dell’ospite assicurando degli standard minimi e dei requisiti univoci di sicurezza, consiste infatti nell’obbligo di dotare l’alloggio di dispositivi di sicurezza quali estintori a norma di legge con carica minima di 6 kg e rilevatori di gas combustibili e monossido di carbonio. Per conoscere più a fondo come richiedere il CIN e in cosa si incorre nel caso di mancata conformità, ti invitiamo a consultare il nostro articolo “Codice Identificativo Nazionale (CIN): guida completa per gli affitti brevi”.
La Legge di Bilancio 2024 introduce novità interessanti per gli affitti brevi, come riportato sopra è prevista la riscossione ed il versamento dell’Imposta di Soggiorno direttamente da Airbnb sempre in più Comuni, previa verifica di idoneità della propria area di pertinenza. Altra importante novità consiste nelle piattaforme di OTA (Booking, Airbnb) che applicano la ritenuta fiscale della cedolare secca sulle prenotazioni ricevute ed il contestuale versamento all’Agenzia delle Entrate con rilascio della Certificazione Unica da presentare in sede di dichiarazione dei redditi annuale.
La cedolare secca è un’imposta sostitutiva al regime di tassazione ordinaria che va ad incidere al 21% sul proprio ricavo (incluse eventuali prestazioni di servizi accessori come fornitura di biancheria, wi-fi, pulizia dei locali). Ciò consiste in un notevole vantaggio fiscale per chi vuole destinare il proprio immobile alla locazione breve, inferiore quindi ai 30 giorni. Si possono gestire fino ad un massimo di 4 alloggi ai fini non imprenditoriali e senza partita Iva, in questo caso solo per un alloggio a scelta è prevista l’aliquota ridotta al 21%, tutti gli altri saranno soggetti ad una tassazione pari al 26%. La nuova aliquota del 26% si applica sui redditi di locazione maturati dal 1° gennaio 2024, successivamente alla recente modifica contenuta nella Legge di Bilancio 2024.
È bene sottolineare che questa tipologia di tassazione agevolata è applicabile solo agli immobili destinati alle locazioni turistiche brevi. Non sono incluse altre tipologie di strutture ricettive poiché qualificabili, sotto il profilo fiscale, come attività d’impresa considerata la fornitura (anche occasionale) di prestazioni, vedi ad esempio la somministrazione di bevande o pasti come la colazione, la messa a disposizione di mezzi a noleggio o servizi di guida turistica o interpretariato.
Per avere ulteriori informazioni sulle novità per gli affitti brevi ti consigliamo anche la lettura dell’articolo “Le Nuove Regole degli Affitti Brevi: Una Guida Aggiornata al 2024“.
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